La memoria dei sapori. La pasta e lenticchie della Ilia.

Quando ero piccola, dopo l’asilo, prima, e dopo la scuola, poi, pranzavo da mia nonna Niccolina, che abitava sotto casa nostra.

Odiavo mangiare da nonna Niccolina perché non mi piaceva quasi nulla di ciò che cucinava. Inoltre la sua provenienza contadina faceva sì che la pulizia non fosse uno dei suoi punti di forza, se così possiamo dire. E ricordo che, da piccola, questa cosa mi infastidiva tantissimo.

Ma quando faceva il brodo di gallina mia nonna mi dava sempre delle piccolissime uova lesse tutte tuorlo che -mi diceva- fossero le uova che erano ancora dentro la gallina quando era stata uccisa. Quelle piccolissime uova ocra mi piacevano da morire, devo ammetterlo. Inoltre non disdegnavo le sue merende, a base di pane, acqua e zucchero oppure la frega d’estate.

Ma c’era un’altra cosa che mi piaceva tantissimo ed erano le chiocciole che, imitando nonno Leonetto, tiravo fuori dal guscio con lo stuzzicadenti e gustavo ad ogni boccone.

Nella mia ingenuità di bambina non avevo mai capito che cosa fossero (nonostante la presenza del guscio lasciasse ben poco spazio alla fantasia!) e neppure me lo domandavo, in verità.

Ricordo che mia nonna teneva spesso un pentolone enorme di alluminio in cucina, in terra, accanto alla pattumiera. Se alzavi il coperchio di quel pentolone potevi vedere decine di chiocciole vive che si arrampicavano lungo le pareti e sul coperchio della pentola. Mia nonna spesso alzava quel coperchio e mi faceva vedere le chiocciole e io le ammiravo, avvicinavo il dito alle antenne per vederle ritrarsi e stavo lì svariati minuti accucciata in contemplazione. Le chiocciole mi piacevano. Per strada le salvavo sempre quando, dopo la pioggia, si avventuravano strisciando in luoghi poco sicuri. Le staccavo delicatamente prendendole per il guscio (sapevo che erano fragili e che una pressione troppo forte le avrebbe uccise) e le adagiavo in un giardino oppure lungo i bordi erbosi della strada.

Non so perché non avevo mai capito che quelle chiocciole nel pentolone erano le stesse che finivano bollite nel mio piatto.

Poi un giorno feci il collegamento.

Forse qualcuno me lo disse esplicitamente -non ricordo- o, forse, ero semplicemente cresciuta e cominciavo a rendermi conto di ciò che mi circondava. Fatto sta che, da quel giorno, non ho più voluto mangiare le chiocciole.

Eppure il sapore delle chiocciole lo ricordo perfettamente. Se chiudo gli occhi la sensazione è totalmente fisica. E’ uno di quei sapori inconfondibili che è difficile dimenticare, soprattutto se li hai gustati a lungo come me.

Nella vita dimentichiamo tante cose. Se ci sforziamo di andare indietro con la memoria ricordiamo solo fino ad un certo punto della nostra infanzia e, spesso, questi ricordi sono sostenuti dai racconti di altri e a quei racconti si sovrappongono e si mescolano.

I sapori, invece, non li dimentichiamo.

Fateci caso.

Io ricordo benissimo il sapore del miscuglio di latte farina e zucchero che mia mamma preparava a me e mio fratello in certi pomeriggi invernali e che lei chiamava pappa. Ricordo benissimo quel sapore dolce e cremoso e, di conseguenza, quelle merende in cui mangiavamo la pappa. Eppure molti ricordi contemporanei a quelle merende li ho cancellati.

Come ricordo perfettamente il sapore della trippa, la sua consistenza spugnosa e l’odore penetrante che emanava le volte in cui mio babbo la cucinava. E non ho mai più assaggiato la trippa da quando avevo tipo 8 anni o giù di lì.

I sapori sono come una lampadina che si accende sul passato ed illumina, a volte in maniera flebile, altre in maniera più intensa, la scena che avviene intorno. Il sapore della trippa mi riporta alla mente il vecchio tavolo della cucina, quello collocato al centro della stanza, e le mattonelle marroni con i motivi vegetali stilizzati. Vedo la scena chiaramente ma solo quel momento, solo quel pezzetto. Poi la luce si spegne.

La persistenza di quei sapori è memoria. Per questo scrivere di cibo equivale a scrivere di noi, si intreccia potentemente con l’autobiografia, è inscindibile da essa.

Sono tanti i sapori che ricordo.

Ricordo il sapore di quasi tutto ciò che cucinava nonna Lina. Ricordo le cene olandesi che cucinava mia mamma e che mio padre non comprendeva perché in quelle cene si beveva tè, cosa per lui inconcepibile. Ricordo il sapore del panino con la mortadella che mangiavo alle elementari a casa della mia amica Serena, che a me non piaceva ma che sua mamma era convinta che dovesse piacere indistintamente a tutti i bambini. Ricordo le merende delle superiori da Samanta con i toast al prosciutto crudo preparati con quel tostapane che li sigillava e li divideva in triangoli. Ricordo la crostata che sfornava la mamma di Roberta e che era incredibilmente fragrante e persistentemente burrosa. Ricordo il caffè dolcissimo che nonna Niccolina mi dava di nascosto quando mi affacciavo dal giardino alla finestra della sua cucina. Ricordo lo gnocco fritto che mangiavamo al bar della piscina di Pievepelago quando d’estate andavamo in montagna. Ricordo le paste scotte e collose che mangiavamo agli scout cucinate in un pentolone sul fuoco della cucina da campo che ci eravamo costruiti da soli. Ricordo la fragranza ed il sapore inconfondibile dei croissant mangiati a Parigi insieme a Davide durante il viaggio di nozze.

E poi ricordo la pasta con le lenticchie che mi cucinava Ilia nel nostro appartamento in affitto quando eravamo studentesse e Firenze ci sembrava il mondo perché ci offriva tutte le possibilità che le nostre cittadine di provenienza ci negavano.

Quella pasta e lenticchie ho imparato a farla anche io. Un po’ mi ero appuntata da qualche parte gli ingredienti e un po’ sono andata a sensazione, ricordandone perfettamente il sapore e cercando di riprodurlo.

La pasta e lenticchie è uno di quei comfort food che puoi mangiare indistintamente in ogni stagione ed è un perfetto piatto unico perché sazia e soddisfa il gusto allo stesso tempo.

Ma è mangiata in questa stagione che la pasta e lenticchie dà il meglio di sé. Quando le giornate si accorciano e il freddo pungente della sera ti spinge a cercare il calduccio delle mura di casa un piatto di pasta caldo è quello che ci vuole.


Pasta e lenticchie

porzioni: 4 persone – tempo di preparazione: 15 minuti – tempo totale: 1 ora e 5 minuti


  • 1 cipolla
  • 2 spicchi d’aglio
  • 100 ml di olio extravergine d’oliva
  • 1 carota
  • 2 coste di sedano
  • 1 ciuffo di prezzemolo fresco o 1 cucchiaio di prezzemolo secco
  • 5 foglie di basilico fresco o 1 cucchiaino di basilico secco
  • 3 cucchiai di polpa di pomodoro
  • 250 gr di lenticchie secche
  • sale qb
  • pepe qb
  • 2 rametti di maggiorana fresca o 1 cucchiaino di maggiorana secca
  • 1 rametto di timo fresco o 1/2 cucchiaino di timo secco
  • 240 gr di ditalini rigati

Tritare grossolanamente aglio e cipolla e farli soffriggere nell’olio fino a quando non cominciano ad appassire leggermente. Aggiungere la carota ed il sedano tagliati a dadini e prezzemolo e basilico tritati. Far appassire facendo attenzione a non bruciarli. Aggiungere la polpa di pomodoro, farla insaporire per qualche minuto e poi aggiungere anche le lenticchie.

Portare a cottura aggiungendo qualche mestolo di acqua calda quando è necessario. Cuocere per 30-40 minuti, fino a quando le lenticchie non sono tenere.

Aggiungere sale, pepe, maggiorana e timo e far insaporire ancora pochi minuti.

A parte cuocere i ditalini in acqua bollente salata, scolarli ed aggiungerli alle lenticchie. Farli insaporire ancora qualche minuto, togliere dal fuoco e servire caldo.


Le lenticchie sono uno dei legumi che prediligo. La loro comodità consiste nel fatto che è possibile saltare la fase dell’ammollo e cuocerle direttamente, risparmiando tempo e non essendo costretti a programmare con troppo anticipo il pasto.

Nel blog potete già trovare una ricetta con le lenticchie, si tratta dell’ insalata di orzo affumicata. Ormai le melanzane non si trovano più dalle mie parti, sebbene ci accompagnino fino all’autunno, ma forse più a sud è ancora possibile reperirle. Questo è un piatto unico perfetto anche da portare in ufficio oppure da servire per un pranzo leggero preceduto da un’insalata o seguito da una macedonia di frutta.

Temo, invece, che vi toccherà aspettare la prossima estate per cucinare le polpette di lenticchie verdi con salsa di pomodoro crudo proposte da Daniela di Smile Beauty and More. Oppure potete omettere la salsa o sostituirla con un’altra a vostra scelta (secondo me con queste polpette sarebbe perfetta una salsa tzatziki). Comunque decidiate di cucinarle le polpette sono sempre una splendida idea ed è difficile che non piacciano a qualcuno.

Perfettamente di stagione, invece, è il ragù di lenticchie, zucca e porcini secchi che propone Giulia. Qui l’abbinamento delle lenticchie con la zucca ed i porcini è prettamente autunnale e permette di sfruttare due dei prodotti di stagione che personalmente amo di più. Provatelo su una pasta per una cena in famiglia oppure su una fetta di pane abbrustolito come antipasto. A volte basta poco per assaporare tutto il sapore di una stagione in un unico piatto!

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